E anche il terzo ed ultimo anno in Biotecnologie è andato.
Dopo averti raccontato del mio primo anno in Biotecnologie e del mio secondo anno in Biotecnologie, con queste righe si conclude la serie con pubblicazione annuale dei post sui miei anni di laurea triennale.
È stato un anno impegnativo, denso e ricco di soddisfazioni. Metà l’ho trascorso a Cagliari, l’altra metà a Stoccolma, e poi di nuovo un po’ a Cagliari. Ah, e mi sono laureato.
Ma andiamo con ordine.
Prima dell’Erasmus: vinco il bando Erasmus, divento rappresentante quasi ovunque, ma ci sono anche tanti imprevisti
Poco prima che iniziassero le lezioni, verso il settembre 2020 era uscito un bando Erasmus+ Traineeship. Senza pensarci due volte mi sono candidato. Avevo vinto; potevo partire. Non mi restava che trovare un’azienda che mi ospitasse. Per l’Erasmus+ Traineeship, infatti, non esiste una lista di convenzioni tra università e aziende; sei tu, vincitore, a dover cercare attivamente un’azienda che desideri ospitarti.
Parallelamente, era partita la mia carriera nell’ambito della rappresentanza accademica. Mi ero candidato come rappresentante degli studenti del corso di Biotecnologie e come rappresentante degli studenti della Facoltà di Biologia e Farmacia dell’Università di Cagliari. Ero stato eletto in entrambe. Qualche mese dopo sarei stato eletto anche membro del Consiglio degli Studenti e membro del Consiglio di Dipartimento di Scienze Biomediche.
Immaginavo non sarebbe stata una passeggiata partire per il tirocinio all’estero, ma neanche pensavo sarebbe stato tanto difficile. Una volta ancora, avevo sottovalutato il periodaccio che stavamo vivendo per via della pandemia. Avevo inviato centinaia di mail, principalmente in Danimarca. Non tutti avevano risposto e quelli che avevano risposto dicevano su per giù «Ci piacerebbe ospitarla ma, per via della situazione pandemica non ci è possibile accettarla».
Verso i primi di ottobre, sono inizate le lezioni. Si sono tenute in un primo periodo dal vivo, faccendomi illudere di un possibile ritorno alla normalità, e poi, tristemente, nuovamente a distanza. Durante questo periodo avevo continuato ad inviare mail per trovare un’azienda che potesse ospitarmi per un tirocinio all’estero con, ancora una volta, risultati non dei migliori. Nessuna azienda poteva accettarmi. Tutta colpa di SARS-CoV-2.
Non mi restava che riporre le mie speranza in un tirocinio nella mia università. Così ho scritto a quasi tutti i miei docenti, chiedendo loro se avessero posizioni per tirocinanti aperte, di cosa trattassero le loro linee di ricerca e così via. Una volta ancora SARS-CoV-2 aveva deciso di mettermi i bastoni tra le ruote: anche nella mia università, per noi studenti di un corso di studi triennale, era pressoché possibile fare il tirocinio in presenza in quanto, considerato il numero limitato di accessi ai laboratori, veniva data priorità ai laureandi di corsi di studi magistrali. Con questa amara consapevolezza quasi mi stavo per arrendere al fare una tesi compilativa. Ringraziai tutti i docenti per le loro risposte e, prima di salutarli, feci presente di aver vinto una borsa Erasmus+ Traineeship e che, quindi, sarei stato loro molto grato se avessero avuto qualche opportunità all’estero da consigliarmi. Questa frase, inserita a chiusura della mail, era l’ennesimo tentativo di realizzare il mio sogno, forse l’ultimo; ormai la deadline per l’invio della lettera di accettazione agli uffici per l’internazionalizzazione della mia università era alle porte.
Passarono le settimane. Arrivò gennaio e con lui la sessione invernale. M’ero quasi arreso all’idea di fare una tesi compilativa. Macinavo esami. Prima Economia, poi Farmacologia, poi Anatomia. Andavo avanti come un treno. Spendevo le mie giornate in biblioteca. Avevo trovato la mia routine da sessione e nessuno poteva fermarmi più.
Poi una notifica. WhatsApp, 2 febbraio 2021: «Ciao Federico. Sono la […]. Ti ho inviato due screenshot. Sono troppi sei mesi per te?». Era una mia professoressa. Fu così che uno dei tanti pomeriggi in biblioteca diventò uno che non dimenticherò mai. Tutto d’un tratto, in modo completamente inatteso, vidi il mio sogno riprendere forma come non mai prima. Quella frase a fine mail, quella frase che avevo inserito senza troppo peso, e il mio numero nella firma, avevano portato a questo. Sono i dettagli a fare la differenza.
Negli screenshot che la docente mi aveva inviato si leggeva «[…] stiamo cercando qualcuno interessato a fare un’esperienza al Karolinska Institutet su un progetto di ricerca pre-clinica sulla malattia di Alzheimer». Karolinska Institutet. Un sorriso, offuscato dalla mascherina, si era palesato sul mio volto. Ero al settimo cielo.
Uscito frettolosamente fuori dalla biblioteca, chiamai la professoressa. Mancavano due-tre settimane alla deadline per la consegna dei documenti per la partenza per l’Erasmus. Seguirono giorni intensi di chiamate e videochiamate con colui che non sapevo ancora sarebbe stato il mio supervisore, poi, un venerdì, l’ultima videochiamata, quella decisiva. Stavolta dall’altro lato della webcam c’era anche il capo del team. Dopo una chiacchierata e una mezz’ora di suspense, la decisione definitiva: ero stato selezionato. Impossibile trasmettere per iscritto la gioia provata.
L’Erasmus: sei mesi al Karolinska Institutet per studiare un nuovo potenziale target farmacologico per il trattamento della malattia di Alzheimer, ovvero i sei mesi migliori della mia vita
In poche settimane ho organizzato i miei successivi sei mesi in Svezia e, verso la fine del febbraio 2021, dopo due voli annullati, un tampone antigenico negativo al COVID, una sveglia alle 4:00 e tre scali aeroportuali, attorno alle 00:00 finalmente avevo messo piede in Svezia. È così che, senza avere il tempo di realizzare fino in fondo cosa stesse succedendo, è iniziato il mio Erasmus nel bel mezzo della pandemia.
A Stoccolma ho passato sei mesi, che, senza timore di esagerare, definirei come il più bel periodo della mia vita. Fin dal primo istante mi sono sentito a casa come neanche in Italia mi sono mai sentito. Ho conosciuto persone straordinarie, dagli scienziati con cui lavoravo ai miei fantastici dirimpettai.
Stoccolma è piuttosto cara rispetto alla media italiana. Per primi tre mesi le mie spese sono state parzialmente coperte grazie ad una borsa Erasmus+ Traineeship, mentre per gli ultimi, decaduto lo status di studente Erasmus, ho dovuto fare affidamento sui miei risparmi. Abitavo in una struttura del KI Housing, Pax. Avevo una stanza con bagno privato; la cucina, invece, era condivisa con gli occupanti del corridoio, tra le otto e le dieci persone. Essendo uno studentato, i prezzi erano a misura di studente e, anche considerato il costo della vita svedese, ottimi: spendevo circa 420 € al mese. Compresi nel fitto c’erano la lavanderia, al piano terra, e tutte le utenze.
Orientativamente, compreso l’affito, spendevo attorno migliaio di euro al mese.
Gli orari di lavoro erano flessibili, ma, di norma ero entro le 9:00 in laboratorio, al BioClinicum. Generalmente tornavo a casa verso le 17:00-18:00, talvolta più tardi. Il mio lavoro necessita di grande flessibilità: le cellule nelle colture cellulari non si prendono il weekend libero, un esperimento iniziato non può essere lasciato a metà, gli imprevisti sono frequenti. Fa parte del mio lavoro, non è per tutti, ma io lo amo.
Avevamo una sala relax stupenda. È stata la cosa a colpirmi di più appena arrivato.
Dopo l’Erasmus: tanti esami in pochi mesi, e mi laureo
Non avendo sostenuto esami all’estero, tornato in Sardegna ad agosto, ho dovuto fare gli straordinari. A settembre, nel giro di poche settimane, ho sostenuto e superato Chimica e metodologie computazionali farmaceutiche e la prima metà di Biofarmaceutica e formulazione di farmaci biotecnologici. Poi, verso novembre, Patologia e immunologia e, poco prima di Natale, Immunofarmacologia. Ho trascorso le vacanze di Natale a preparare il successivo esame, un vero mattone, Microbiologia. Pensavo che più fatica di quella fatta per preparare Biochimica non fosse possibile fare, e invece mi sbagliavo di grosso. Microbiologia è stato di gran lunga l’esame più duro che abbia mai preparato. È un condensato di Biochimica, Biologia molecolare e Genetica, con le aggiunte del caso. Insomma, i tre anni precedenti in un solo esame. Dopo aver studiato solo Microbiologia un paio di mesi, lo supero egregiamente.
Ero a pezzi, ma non avevo nessuna intenzione di mollare la presa a questo punto. Subito preparo Biotecnologie microbiche, fresco delle nozioni di Microbiologia. Supero anche questo.
Mancava un solo esame: l’ultima metà di Biofarmaceutica e formulazione di farmaci biotecnologici. Avevo pochi giorni per studiarlo, ma partivo da un buon livello: era un esame che avevo studiato ed abbandonato più volte, per via di altri esami o imprevisti di vario genere. Esausto e con livelli di stress mai raggiunti, faccio un ultimo sforzo, e lo supero il 22 marzo 2022, esattamente un mese prima del giorno della discussione della mia tesi di laurea.
I giorni che seguono li ho dedicati ad ultimare la tesi, sulla cui scrittura ero a lavoro da oltre un anno, e alla preparazione della presentazione per il grande giorno, quindici minuti in cui avrei dovuto racchiudere sei mesi.
Il 22 aprile, discussa la tesi dal titolo Caratterizzazione del ruolo della proteasi transmembrana SPPL2b: un nuovo potenziale target farmacologico per il trattamento della malattia di Alzheimer, vengo proclamato dottore in Biotecnologie con votazione 110/110 e lode.
I grandi traguardi non si raggiungono mai da solo. Nel mio caso, devo tantissimo alla mia professoressa, che mi ha dato fiducia e mi ha proposto il progetto all’estero, così come al mio supervisore al Karolinska Institutet e, più in generale, all’intero team. Senza loro, niente di tutto questo sarebbe stato lo stesso, niente di tutto questo avrebbe visto la luce.