Ho concluso il mio secondo anno in Biotecnologie. Come ho fatto al termine del primo anno, ti sto per offrire una sintesi di ciò che ho combinato quest’anno all’università, gioie e dolori inclusi. La speranza resta la stessa di quando scrissi il primo capitolo di questa serie, Il mio primo anno in biotecnologie. L’intento di queste righe vuole essere quello di essere d’aiuto a coloro che stanno pensando di studiare Biotecnologie e son curiosi di sapere cosa potrebbe attenderli.
Come ogni buona serie, prima dell’inizio della nuova stagione è presente un breve riassunto della precedente stagione. Se hai letto di recente il Il mio primo anno in biotecnologie puoi saltarlo. In caso contrario clicca sul link sopra.
Ci siamo lasciati con un Federico che non aveva ancora superato Chimica organica ed entusiasta di tutti i corsi dell’anno accademico successivo, il secondo. Particolare entusiasmo era riposto nei confronti dei tanti laboratori che avrebbe dovuto fare.
Quindi, questo secondo anno accamico com’è andato? È stato effettivamente entusiasmante come prospettato? E, sopratutto, Federico Chimica organica alla fine l’ha superato? Queste ed altre risposte nelle prossime righe.
Ho studiato per superare l’esame (per la prima volta e, spero, ultima)
Questo secondo anno accademico è iniziato bene ed è finito… In modo assolutamente inaspettato. Ma andiamo con ordine.
Al primo semestre, durante il periodo delle lezioni, ho fatto di tutto per sostenere e superare Chimica organica.
Chimica organica nel mio corso di studi è un esame molto importante. Essendo propedeutico ad un’infinità di esami, non l’avessi superato, non avrei potuto sostenerli. La mia carriera accademica si sarebbe arenata Durante il primo anno l’avevo già sostenuto una prima volta e poi una seconda, senza riuscire a superare la prova. Dopo l’ennesimo fallimento, un po’ infastidito, ho riflettuto su cosa potessi fare per superare l’esame.
L’esame in sé non era complesso. Era complesso riuscire a soddisfare il docente. E arrendersi non era tra le opzioni contemplate.
Potevo cambiare il docente ed il suo modo di valutare? In linea teorica sì, ma ad un prezzo troppo alto da sostenere. Tutto può essere controllato, ma alcune cose sono talmente difficili da controllare che, per approssimazione, posso considerarle fuori dal mio controllo. Sulla base di tale approssimazione, il modus operandi del mio docente era assolutamente fuori dal mio controllo. Decisi quindi che accettare i suoi metodi fosse la scelta migliore.
Cosa potevo cambiare immediatamente? Cos’era effettivamente sotto il mio controllo? Se c’è una cosa sempre sotto il mio controllo sono le mie scelte. Ne conclusi dunque che fosse bene che mi focalizzassi su queste. Potevo cambiare il mio modo di affrontare l’esame. Potevo farlo subito, con massima libertà d’azione e con rischio minimo.
Studio sempre per conoscere, non per superare l’esame. Il superamento dell’esame è conseguenza della conoscenza della materia, di norma. Non era stato questo il caso di Chimica organica. Che fare? Avevo studiato per conoscere la Chimica organica, e ciò non si era rivelato efficace, Era ora di studiare per superare l’esame – cosa che detesto fare, ma era l’unica via praticabile.
Oramai conoscevo perfettamente la struttura dello scritto, le domande più gettonate ed il modus operandi adottato dal docente nel valutare lo studente. Sulla base di tutto ciò ho elaborato una strategia per superare l’esame di Chimica organica. È così che al terzo tentativo sono riuscito a superare Chimica organica, e pure più che dignitosamente: «28, lo accetta?». Eccome se lo accettai.
Chimica organica è stato l’esame che più mi ha fatto penare ma è stato anche uno tra gli esami che mi ha dato tra i più interessanti insegnamenti di vita: se fallisci è sempre colpa tua e lamentarsi non è un’opzione. Cercare cause esterne non è funzionale ad ottenere risultati. Lamentarsi può dare sollievo per qualche momento ma non cambia davvero le cose. Non elimina il motivo della lamentela. Tu cosa puoi fare nel concreto per volgere al meglio la situazione?
I laboratori e la pandemia
Al primo semestre i laboratori ci sono stati e sono stati interessanti. Ho seguito i laboratori di Microbiologia e Metodologie computazionali farmaceutiche.
Nei laboratori di Microbiologia ho allestito delle colture batteriche su gel di agarosio, che ho lasciato inbubare una notte. Il giorno seguente, tramite una serie di test, sono riuscito a risalire al genere e specie dei batteri di ciascuna delle due colonie che avevo seminato. È stato un laboratorio entusiasmante.
Metodologie computazionali farmaceutiche potrebbe essere considerato come bioinformatica applicata alla creazione del farmaco. Ho imparato ad utilizzare programmi per la visualizzazione tridimensionale di farmaci e target farmacologici, come Pymol, e tool di vario genere utili nello sviluppo del farmaco come SwissADME, Clustal, MolProbity, Frog2 e altri.
La grossa porzione dei laboratori sarebbe dovuta essere al secondo semestre e, ahimè, sono stati online. Per quanto l’università abbia compiuto un grande sforzo e in tempi rapidi per permetterci di continuare a seguire le lezioni online nonostante la pandemia, e per quanto abbia avuto degli ottimi docenti, i laboratori online non sono laboratori. Chiamarli laboratori è assolutamente insensato, fuorviante.
Sono molto deluso. È stata una situazione difficile ed inaspettata per tutti, quindi purtroppo non si è potuto fare altrimenti. Più di così non si sarebbe potuto chiedere.
Certo, non è stato particolarmente piacevole veder riaprire le discoteche e al contempo vedere negato l’accesso ai laboratori, ma tant’è. Come dicevo per Chimica organica, ci sono cose che non sono sotto il mio controllo e devo imparare ad accettarle. Questa è stata molto difficile da accettare.
Durante quest’ultimo anno si sono – giustamente – esaltate le figure di medici e infermieri. Non si è parlato abbastanza di figure altrettanto importanti, fondamentali, come biologi, biotecnologi, chimici, farmacisti et cetera. È anche grazie a queste figure se i farmaci che medici e infermieri somministrano esistono.
Continuare a non farci fare esperienza pratica è un danno enorme, inammissibile. La pandemia che stiamo vivendo probabilmente non sarà l’ultima. Non permettere una formazione a tutto tondo di figure fondamentali per la creazione del farmaco è un danno che si manifesterà tra qualche anno.
La pratica non è secondaria alla teoria nella formazione professionale di tali figure – compresa la mia futura, il biotecnologo.
In una logica di focalizzazione su quel che posso controllare, ho deciso di candidarmi come rappresentante degli studenti, sia a livello del corso di studi in Biotecnologie che a livello della facoltà di Biologia e farmacia. Sono stato eletto ed ora, in prima persona, sto dando il massimo per trovare delle soluzioni che permettano a noi studenti di avere nuovamente accesso ai laboratori e di poter ricevere la formazione che ci compete. Qualche piccola vittoria siamo già riusciti ad ottenerla, e sono molto felice e grato a tutti coloro che l’hanno permesso. E questo è solo l’inizio.
Studio e pandemia
La pandemia è stata pesante da affrontare, per tutti. Restare chiusi mesi in casa è una condizione difficile, innaturale, stressante e ha avuto – e sta avendo – conseguenze, anche di natura psicologica, su tanti di noi. Non credo sia un caso che articoli come Voglio lasciare l’università abbiano avuto un’impennata di clic durante quest’ultimo periodo.
Durante il lockdown, ho provato ad adottare e ideare tante strategie per studiare nonostante la clausura, che ho condiviso sul blog in Suggerimenti per studiare a casa ai tempi del nuovo coronavirus. Queste strategie hanno certamente migliorato la situazione, ma, perlomeno per me, non sono state niente di più di un palliativo.
Lo studio è stato estremamente faticoso ed è proceduto a rilento. Ciò è dipeso sia da una netta alterazione delle mie routine che da un’altrettanto netta variazione delle abituali modalità d’esame.
Tutti gli esami sono stati orali, in videochiamata.
Senza avere la possibilità di svagarmi effettivamente, perdendo tutti i piaceri dati dalla mia abituale routine, senza tutte le piccole cose che davano sapore alla vita non è facile mantenere concentrazione, costanza, motivazione. La mancanza più importante per me è stata la possibilità di studiare in biblioteca. A ciò si è aggiunta una profonda motivazione nel vedere monca la mia formazione: come già detto e ribadito, la formazione di un futuro biotecnologo non può prescindere dalla pratica, quella vera. Non poter accedere ai laboratori ha reso gli studi troppo teorici e lontani da ciò che dovrebbero essere.
Confido nei miei futuri colleghi biotecnologi, biologi, chimici, farmacisti affinché una cura effettiva o preventiva venga trovata al più presto. Sarà anche grazie a loro che ci risveglieremo da questo incubo.
Questo periodo passerà.